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Pubblicato il 4 luglio 2022

FIDO DI FATTO E VERSAMENTI RIPRISTINATORI

Corte di appello di Bari, sent. n. 81del 14 gennaio 2022

I versamenti vanno ritenuti ripristinatori qualora non sia fissato il limite dell’affidamento

“(…)Risulta, dimostrato che la correntista abbia operato quasi costantemente con saldo passivo senza che le sia mai stato intimato il rientro o che siano state assunte altre iniziative di revoca, (…)

Ulteriori decisivi indici sintomatici dell’esistenza di un fido di fatto sono costituiti: dalla costante applicazione della commissione di massimo scoperto, che rappresenta la remunerazione per la messa a disposizione di una somma di denaro, avente funzione di corrispettivo del servizio di messa a disposizione di un affidamento; dall’applicazione di tassi di interesse e di c.m.s. differenziati, “nei limiti del fido” ed “oltre il fido”, oppure a seconda che vi fosse “sconfinamento” o “scoperto in bianco” (v. estratti conto); dall’espressa indicazione, nei riassunti scalari, del criterio di calcolo dell’aliquota della commissione di massimo scoperto, determinata dalla media ponderata delle aliquote relative agli affidamenti utilizzati nel periodo.

Ritiene, perciò, questa Corte che non possano assolutamente esservi dubbi in ordine all’esistenza di un conto corrente “affidato”.Trattandosi, di rapporto costituito nel regime normativo anteriore all’entrata in vigore dell’art. 3 della legge 17 febbraio 1992 n. 154, il quale ha, per la prima volta, imposto l’obbligo della forma scritta ai contratti relativi alle operazioni ed ai servizi bancari, è pacifico che fosse un contratto a forma libera, del quale era consentita la conclusione “per facta concludentia”.

Non può, invece, parlarsi di “pagamento” in presenza di un’apertura di credito, perché in tal caso i versamenti fungono unicamente da atti ripristinatori della provvista della quale il correntista può ancora continuare a godere (sono le rimesse cd. ripristinatorie), salvo che la banca alleghi, e provi, l’esistenza di un limite contrattualmente fissato all’affidamento ed il superamento dello stesso da parte del cliente

In buona sostanza, come efficacemente evidenziato dalla S.C., il contratto di apertura di credito è “idoneo ad escludere che la prescrizione del diritto alla ripetizione della somma oggetto della rimessa decorra dal momento dell’attuato versamento” (Cass. 31927/19), sicché, acquisita la prova dell’affidamento, spetta poi alla banca dimostrare se e quale limite di importo avesse l’accreditamento e che i versamenti fossero destinati a coprire un passivo eccedente quel limite. Tornando al caso di specie, del tutto correttamente il Tribunale ha ritenuto che, provata l’apertura di credito, le rimesse dovessero considerarsi ripristinatorie, non risultando fissato contrattualmente un limite dell’affidamento”

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Inseriti i dati necessari richiesti dal software (quali data operazione, la data valuta, gli importi in dare, quelli in avere e la descrizione operazione, oltre al fido accordato quando presente), il programma restituirà per ciascun movimento il saldo contabile, l’importo della eventuale rimessa solutoria (sempre che si sia provveduto a compilare la colonna “fido accordato”), la differenza in giorni tra movimenti successivi sia per data contabile che per data valuta con la generazione dei numeri debitori entro fido ed extra fido ed i numeri creditori.
Così operando, per quanto attiene alla presenza delle eventuali rimesse a carattere solutorio (il cui criterio di quantificazione è quello indicato dalla sentenza delle S.U. della Corte di Cassazione n. 24418 del 02 dicembre 2010), queste verranno quantificate automaticamente dal software, liberando così l’Utente da un calcolo che normalmente si presenta piuttosto gravoso.

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