verifichefinanziamenti.it > Home page > Pubblicazioni > Trasparenza Contrattuale > SENTENZA DELLA CORTE EUROPEA: È POTENZIALMENTE NULLO IL CONTRATTO DI MUTUO ESPRESSO IN VALUTA ESTERA

Pubblicato il 25 settembre 2017

Sentenza della Corte Europea: è potenzialmente nullo il contratto di mutuo espresso in valuta estera

Violazione della direttiva comunitaria 93/13/CEE

«Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Articolo 3, paragrafo 1, e articolo 4, paragrafo 2 – Valutazione del carattere abusivo delle clausole contrattuali – Contratto di credito concluso in una valuta estera – Rischio di cambio interamente a carico del consumatore – Significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto – Momento in cui lo squilibrio deve essere valutato – Portata della nozione di clausole “formulate in modo chiaro e comprensibile” – Livello d’informazione che deve essere fornito dalla banca»

Con sentenza del 20 settembre 2017 la Corte di Giustizia europea si è espressa su un tema assai dibattuto nelle aule di Giustizia dei Tribunali di tutta Europa che è quello della trasparenza nei contratti bancari. Con questa sentenza la Corte, chiamata in causa nel giudizio di opposizione di una azienda romena verso una Banca dello stesso Paese, si pronuncia sulla pratica, adottata da molti istituti di credito anche del nostro Paese, di nominare gli importi di un contratto di credito in valuta estera, nella fattispecie in franchi svizzeri, addossando così il rischio di cambio sulle spalle del debitore inconsapevole.

Secondo i ricorrenti nel procedimento principale infatti, la banca era in grado di prevedere l’evoluzione e le fluttuazioni del tasso di cambio del franco svizzero. Al riguardo, il rischio di cambio sarebbe stato descritto in maniera incompleta poiché, contrariamente alle altre valute estere che fungono da valuta di riferimento per i prestiti, la Banca non avrebbe spiegato che quest’ultimo era soggetto a fluttuazioni importanti rispetto al leu rumeno.

Più in generale, la presentazione sarebbe stata effettuata in maniera distorta, in quanto metteva in rilievo i benefici di tale tipo di prodotto e della valuta utilizzata, trascurando al contempo di indicare i rischi potenziali nonché la probabilità che si realizzassero. In tale contesto, i ricorrenti nel procedimento principale sostengono che, non avendo fornito loro informazioni trasparenti su tali fluttuazioni, la banca ha violato i suoi obblighi di informazione, avvertenza e consulenza nonché il suo dovere di redigere clausole contrattuali in modo chiaro e comprensibile affinché ogni mutuatario potesse valutare la portata degli obblighi derivanti dal contratto che ha stipulato.

Ritenendo abusive le clausole che prevedevano il rimborso dei crediti in franchi svizzeri, poiché addossavano il rischio di cambio sui mutuatari, i ricorrenti nel procedimento principale hanno adito il Tribunalul Bihor (Tribunale di Bihor, Romania) con un’azione diretta all’annullamento di dette clausole nonché all’emissione da parte della banca di un nuovo piano di ammortamento che prevedesse la conversione di prestiti in lei rumeni, al tasso di cambio in vigore al momento della conclusione del contratto di credito oggetto del procedimento principale.

Con sentenza del 30 aprile 2015 il Tribunalul Bihor (Tribunale di Bihor) ha respinto il ricorso. Tale giudice ha ritenuto che, pur non essendo stata negoziata con i mutuatari, la clausola che prevedeva il rimborso dei crediti nella stessa valuta nella quale erano stati contratti non fosse abusiva.

I ricorrenti nel procedimento principale hanno presentato appello avverso la succitata sentenza dinanzi al giudice del rinvio. Essi affermano che un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti è stato provocato dalla svalutazione del leu rumeno rispetto al franco svizzero, avvenuto successivamente alla conclusione dei contratti, e che la Corte non si è mai pronunciata su una questione simile nelle sue sentenze relative all’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13, riguardante la nozione di «significativo squilibrio».

Il giudice del rinvio osserva che, nel caso di specie, dopo la concessione dei prestiti oggetto del procedimento principale, il corso del franco svizzero è aumentato in modo considerevole e che i ricorrenti nel procedimento principale hanno subito le conseguenze di detto aumento. È dunque necessario, secondo tale giudice, chiarire se, nell’ambito dell’obbligo di informazione che incombeva alla banca al momento della stipula dei contratti di credito, quest’ultima fosse tenuta ad informare i clienti di un eventuale aumento o di una futura riduzione del corso del franco svizzero e se la clausola di cui trattasi nel procedimento principale, per essere considerata formulata in modo chiaro e comprensibile ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, dovesse indicare anche tutte le conseguenze, che da essa potevano derivare, idonee ad influire sul prezzo pagato dal mutuatario, quale il rischio di cambio.

Sul punto la Corte di Giustizia europea si è espressa stabilendo che:

“L’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che il requisito secondo cui una clausola contrattuale deve essere formulata in modo chiaro e comprensibile presuppone che, nel caso dei contratti di credito, gli istituti finanziari debbano fornire ai mutuatari informazioni sufficienti a consentire a questi ultimi di assumere le proprie decisioni con prudenza e in piena cognizione di causa. A tal proposito, tale requisito implica che una clausola, in base alla quale il prestito deve essere rimborsato nella medesima valuta estera nella quale è stato contratto, sia compresa dal consumatore non solo sul piano formale e grammaticale, ma altresì in relazione alla sua portata concreta, nel senso che un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, possa non solo essere a conoscenza della possibilità di apprezzamento o deprezzamento della valuta estera nella quale il prestito è stato contratto, ma anche valutare le conseguenze economiche, potenzialmente significative, di una tale clausola sui suoi obblighi finanziari. Spetta al giudice nazionale procedere alle verifiche necessarie al riguardo.”

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