Pubblicato il 5 febbraio 2020
LA DOPPIA INDICIZZAZIONE NEI CONTRATTI DI LEASING E’ NULLA
Cassazione Civile, sez. III, sent. n. 16907 del 25 giugno 2019
Dopo molte pronunce dei Tribunali di merito, la Corte di Cassazione giunge ad occuparsi delle clausole inserite nei contratti di leasing, che prevedono una doppia indicizzazione, al tasso d’interesse (tasso libor-come nel caso portato in giudizio) ed al tasso di cambio (nel caso euro/franco svizzero).
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Il contratto di leasing oggetto di contestazione, prevedeva due clausole di indicizzazione del canone, una legata al c.d. tasso Libor, nominato in franchi svizzeri ed assunto a 3 mesi e l’altra legata al tasso di cambio tra euro e franco svizzero.
La società finanziata cita in giudizio la Banca, sostenendo che le clausole suddette fossero strumenti derivati di investimento che incidevano concretamente sull’operazione e che il loro contentuo non fosse né determinato, né determinabile in palese violazione dell’art. 1346 c.c.
La particolarità di siffatta pattuizione, rispetto alle normali clausole di indicizzazione sta nel fatto che le variazioni sia in aumento che in diminuizione, del tasso Libor, non vengono conteggiate sul canone direttamente, ma vengono conteggiate a parte, con cadenza a discrezione del Concendente,e nel caso di variazione favorevole o sfavorevole all’utilizzatore, con l’accordo che la somma a suo favore viene rimessa direttamente sul conto.
Il canone inoltre, una volta indicizzato, viene aggionato secondo un altro criterio, ossia il rapporto di cambio euro/svizzero. Il mutamento del rapporto di cambio, incide sull’ammontare del canone, facendolo aumentare o diminuire a seconda che il valore del franco svizzero aumenti o diminuisca rispetto all’euro.
L’effetto delle valute vengono contabilmente regolate a parte. Le parti si danno atto che tale clausola ha natura aleatoria.
La Corte di Cassazione in diverse occasioni ha ritenuto che ciò che importa, oltre il requisito della determinabilità dell’oggetto del contratto, senza alcun margine di incertezza o discrezionalità in capo all’istituto mutuante è che il tasso di interesse sia desumibile dal contratto, anche mediante rinvio a dati che siano conoscibili a priori e siano dettati per eseguire un calcolo matematematico il cui criterio risulti con esatezza dallo stesso contratto.
Dati e criteri di calcolo devono essere facilmente desumibili in base a quanto previsto dalla clausola contrattuale, in mancanza di tale desumibilità la clausola deve ritenersi nulla.
La Corte in conclusione così motiva la sua decisione:
“(…)Se oggetto di una clausola è una prestazione pecuniaria, il criterio per individuare con esattezza gli importi che da essa discendono deve essere scritto nella clausola. Univoco, non equivoco (…)La nullità per indeterminabilità della clausola, il cui oggetto dipende dall’indice Libor, si estende alla clausola, il cui oggetto dipende dal cambio euro/franco svizzero; e forse più che di estensione della nullità si tratta di autonoma nullità dell’una e dell’altra, perché se l’oggetto di una clausola dipende dall’oggetto di un’altra, e questo secondo oggetto è indeterminabile, significa che è indeterminabile l’oggetto del primo.”