Pubblicato il 17 maggio 2018
Usura in concreto – Cassazione penale, sez II sent. N. 26214 del 29 marzo 2017
Il reato di usura si consuma non solo con la promessa o la dazione di interessi ma anche quando oggetto di pattuizione siano altri vantaggi usurari.

Nel caso di specie il collegio condivide la giurisprudenza secondo cui perché sia integrata la c.d. usura in concreto occorre che A) il soggetto passivo versi in condizioni di difficoltà economica o finanziaria; B) gli interessi pattuiti ed i vantaggi ed i compensi risultino, avuto a riguardo alle concrete modalità di fatto e del tasso medio praticato per operazioni similari, comunque proporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione. Trattasi di elementi il cui accertamento in concreto è rimesso alla discrezionalità del giudice usurario.
“(..) la corte chiarisce infatti che al fine della verifica degli interessi, dei vantaggi e dei compensi pattuiti per l’accertamento della condizione di difficoltà economica della vittima deve aversi a riguardo alla carenza anche solo momentanea di liquidità a fronte di una condizione patrimoniale di base nel complesso sana, laddove invece, la condizione di difficoltà finanziaria investe più in generale l’insieme delle attività patrimoniali del soggetto passivo ed è caratterizzata da una complessiva carenza di risorse dei beni. In sintesi il delitto di usura si configura non solo quando gli interessi pattuiti in relazione alla somma di denaro prestata siano superiori al tasso stabilito dalla legge, configurando un reato di c.d. “usura presunta” ma anche quando l’agente ottiene da persone in difficoltà economica e finanziaria vantaggi sproporzionati rispetto all’opera prestata … pertanto il c.d . delitto di usura in concreto è funzionale a sanzionare condotte di sfruttamento delle condizioni di difficoltà economica della vittima”